In comune forse hanno solo il paese d’origine. E quell’etichetta nata come critica e diventata quasi uno spot. La Champions League ha ribadito in questa stagione un concetto già affermato la scorsa estate: a dominare il torneo è la Germania e i suoi allenatori. Nel primo anno senza italiane, non succedeva dal 2016, sono loro a dar scacco alla Coppa.
Hans-Dieter Flick e Thomas Tuchel hanno raggiunto ieri sera con Bayern e Chelsea i colleghi Jurgen Klopp e Edin Terzic, timonieri di Liverpool e Borussia Dortmund. Per la prima volta nella storia, la metà delle squadre che parteciperanno ai quarti di finale sono allenate da tecnici tedeschi. E non è affatto un caso, visto che tedeschi erano anche tre dei semifinalisti di agosto: oltre a Flick e Tuchel che poi si affrontarono nella finale tra Bayern e Psg, c’era anche il 33enne Julian Nagelsmann, l’enfant prodige della categoria.
Un riscatto durato anni per la Germania e i suoi allenatori
Sono passati dieci anni da quando Klopp riportò la Meisterschale, il trofeo per chi vince il campionato tedesco, al Borussia Dortmund, 9 anni dopo l’ultimo trionfo. Di lì a poco i tecnici come lui, iniziarono a sentirsi chiamare con disprezzo “Laptop manager“: era un modo per dire che alla formazione di quei ragazzi aveva contribuito più il computer piuttosto che l’esperienza del campo.
Dieci anni dopo, i Laptop manager , sono il manifesto del riscatto del sistema tedesco in Germania. Che ha capito come l’unico modo per uscire dal grigio della mediocrità dei primi anni Duemila fosse stravolgere la propria identità. Il loro metodo si chiama “gegenpressing”. Letteralmente, è il pressing che parte nel momento stesso in cui si perde il pallone, per riconquistarlo e non perdere terreno.
Ma il segreto del loro successo non è poi cosi semplice
Poi però le sfumature sono molteplici, per questo quella tedesca non può essere certo definita una “scuola”: i fantastici quattro non hanno idee stile copia incolla ne sovrapponibili. Anzi in qualche caso sono considerati praticamente antitetici, basti pensare a Klopp e Tuchel: “Tuchel porta i numeri, Klopp lascia i ricordi“, dicevano di loro a Magonza, dove il tecnico del Chelsea sostituì quello del Liverpool, passaggio poi replicato a Dortmund.
Passionale Jurgen, rigoroso Thomas, che ha preso un Chelsea allo sbando e l’ha risollevato: 9 vittorie e nessuna sconfitta in 14 partite da quando è arrivato. Applicando concetti che alla fine degli anni Novanta aveva iniziato ad apprendere all’Ulm da Ralf Rangnik. Sì, il guru teutonico a cui voleva affidarsi il Milan di Elliott prima dell’exploit di Pioli. E capofila di questa nuova rivoluzione, partita da una tv locale tedesca e finita con la Coppa del mondo.
Ma una grossa mano gli e l’ha data Guardiola e adesso chi li ferma più!
Ma il gegenpressing non è tutto. In suolo germanico qualcosa è cambiato da quando su quel pianeta è sbarcato un altro dei tecnici in corsa ai quarti: Pep Guardiola nei suoi anni al Bayern non ha vinto la Champions, ma ha aggiunto l’ultimo elemento che mancava a quella ricetta perché diventasse formidabile. La filosofia del controllo ossessivo del gioco. Il Bayern ha costruito su quella base la sua dittatura, Tuchel ne ha fatto un faro alimentato nelle cene col maestro Pep a parlare di calcio.
Terzic e Flick, entrambi lungamente vice di altri allenatori , il primo tutta la vita a Dortmund, l’altro in campo tedesco , si sono imbevuti della nuova filosofia diventandone straordinari esecutori. Poi certo, la copertina è e sarà sempre per campioni come Haaland e Lewandowski. Ma l’esercito tedesco che adesso sfida il resto d’Europa non è il frutto di divina benevolenza. E nemmeno dell’esercizio imparato su qualche miracoloso laptop. E’ frutto di impegno!
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